In mezzo ai verdi prati e alle bianche grave

La villa Aurava
Ora abbandoniamo Pozzo per dirigerci più a sud. Partiamo da via della Croce e percorriamo questa strada fino in fondo, che muta sé medesima in via XX Settembre per farci entrare nel paese di Aurava. La strada si snoda in una doppia curva a sinistra e terminiamo il tragitto davanti alla chiesa parrocchiale di S. Lorenzo Martire nella piazza dedicata al musicista Alessandro Orologio. In questa villa immersa nella campagna si accede principalmente dalla Casarsa-Spilimbergo imboccando via Padre Marco d’Aviano che poi, mutando in via Ferrovia ci porta esattamente difronte alla parrocchiale; oppure entrando più a sud per via Friuli, poco prima di sconfinare nel comune di S. Martino al Tagliamento, alla cui sinistra si vede in lontananza un capitello mariano a margine della provinciale.

Procediamo alla visita di questo paese da via XX Settembre. Piccolo e riparato dai centri degli altri nuclei urbani, con poco più di trecento abitanti, Aurava è una delle tre frazioni della Richinvelda ad essere collocata integralmente alla sinistra della Strada Provinciale 1 ed è fra i cinque paesi della così denominata “Richinvelda orientale” – con San Giorgio, Pozzo, Cosa e Provesano. È una ripartizione geografica, da cui la dizione, che è stata adoperata nell’ambito ecclesiastico per riunire le cinque parrocchie sopra nominate in un’aggregazione retta e coordinata dai medesimi parroci e sacerdoti, distinguendola dalle parrocchie di Rauscedo e Domanins che vanno perciò a costituire la “Richinvelda occidentale”. Se noi tiriamo una linea “immaginaria” di demarcazione che passa attraverso il “cuore storico” della Richinvelda e all’incirca attraverso l’antica chiesa di S. Nicolò abbiamo la suddivisione tra est e ovest del territorio. Il più a sud, quindi della parte orientale, Aurava è sparso tra il verde dei vasti prati, il bruno dei campi arati e il bianco-grigio delle grave vicine al greto del Tagliamento. Le case disseminate in questo lembo di campagna vivono sommersi nella tranquillità e nel lavoro intenso nell’agricoltura e nell’allevamento. I terreni a vigneto, a soia e a mais sono intervallati da boscaglie, dalla fauna e dalla flora peculiari del Tagliamento, e dalle cicogne che ogni tanto facevano comparsa nei loro prati e in quelli vicini di S. Martino.

Il paese compare per la prima volta in un documento del 1204 con l’espressione “in villa Aurave”. Negli anni successivi si trovano altri nomi come “Daurage”, “Davrana”, “Dorave”, “Dograve”. Ancora oggi è uso presso gli abitanti della Richinvelda e dei paesi limitrofi chiamare il paese nel friulano “Dogràva” accanto alla più comune espressione italiana Aurava. Il nome indica infatti un’area sassosa, tipica dei terreni adiacenti al letto di un torrente o di un fiume il cui letto è spesso asciutto in determinate parti dell’anno o in determinate condizioni atmosferiche. Zona di sassi e di arbusti, terra magra e petrosa, la “grava” appunto come abbiamo trovato nelle località dei dintorni di Domanins e Rauscedo adiacenti al greto del Meduna. Nel 1584 un altro documento attesta l’esistenza di una chiesa, il cui culto era dedicato a S. Lorenzo Martire, ed era collocata nel luogo dove oggi si trova il camposanto.

La chiesa di S. Lorenzo Martire
La parrocchiale – ricordo che Aurava fu elevata a parrocchia solo nel 1960, dopo essere diventata curazia nel 1902, e poi unita a quella di Pozzo nel 1986 – è stata costruita in tredici anni, dal 1855 al 1868 dal muratore Giacomo Basso di Provesano su progetto di Girolamo D’Aronco. L’antica chiesa era diventata troppo angusta per la popolazione oltreché logorata dal tempo e vacillante nella struttura. Il capomastro adoperò uno stile palladiano per la facciata, su richiamo delle opere dell’architetto veneto Francesco Lazzari.

Lo stile combinava la funzionalità dell’edificio con un’eleganza semplice e austera. La facciata è composta da due lesene laterali, con due nicchie quadrate in alto e due riquadri ricurvi in basso. Al centro il portone con timpano e lunetta e sopra un frontone con occhio centrale. La chiesa è intitolata a S. Lorenzo Martire, diacono martirizzato a Roma in seguito alla persecuzione dell’imperatore Valeriano nell’anno 258 e celebrato il 10 agosto, forse bruciato su graticola messa sul fuoco. Essa è l’unica chiesa del territorio della Richinvelda che presenta affreschi nella sua facciata. Subirono un restauro negli anni novanta ridipingendo gli affreschi.

La lunetta presenta la Sacra Famiglia con la Madonna con il manto azzurro e il Bambino con un vessillo che accoglie i devoti. La nicchia superiore a destra si può osservare il mezzobusto dell’Apostolo Pietro con le chiavi e a sinistra l’Apostolo Paolo con la spada e il libro; nel riquadro inferiore a destra è raffigurato San Rocco con il cane, il bastone e la conchiglia mostrando le piaghe della peste mentre, a sinistra è dipinto San Floriano vestito da soldato romano con un secchio in mano e le fiamme alle sue spalle. L’abside e il presbiterio sono rettangolari.

L’altare maggiore è accompagnato ai lati da una nicchia della Beata Vergine della Salute, alla sua destra, e dalla pala della Carità di San Lorenzo, alla sinistra.
La pala di San Lorenzo Martire, patrono del paese
L’altare sinistro incornicia quindi la pala con raffigurata la Carità di San Lorenzo, un dipinto di olio su tela di Umberto Martina (1860-1945) realizzato nel periodo tra il 1909 e il 1924. Il dipinto è di pregevolissima fattura ed è un esempio di pittura veneziana sacra. La figura di San Lorenzo è riprodotta per intero, vestito con una tunica rossa dalmatica, e nello sfondo appare una chiesa dai contorni sfumati che esce dall’oscurità della notte nella quale una nube rossastra che preannuncia il suo supplizio. Ai suoi piedi, un mendicante, spoglio e pallido, riceve dal santo la carità. In basso a sinistra, uno spettatore s’inchina al gesto di Lorenzo.

La resa dei volti e dei colori intensi è molto efficace nell’espressione dei sentimenti dei personaggi e dimostra le alte qualità pittoriche del Martina. Il gesto e il volto del santo esprimono la sua carità e la gioia del povero. Il dipinto è stato sfregiato negli anni della seconda guerra mondiale e restaurato dall’incisore Virgilio Tramontin di San Vito al Tagliamento. Dietro l’altare centrale, invece, si trova un altro dipinto riferibile al santo: San Lorenzo e il suo martirio il cui autore è un certo Aloisio Krisan Crociato e l’opera porta la data del 19 luglio 1890.
Piazza Alessandro Orologio
La piazza che abbiamo davanti al nostro sguardo è intitolata ad Alessandro Orologio (n. 1551 o 1555 – m. 1633) che fu musicista di strumenti a fiato e a corda e compositore di canzonette e madrigali. Egli apparteneva alla Compagnia degli strumentisti.

La sua storia incomincia dal padre Pellegrino di Aurava che fu illustre armaiolo, costruttore e riparatore di orologi. Nel 1553, Pellegrino fu assunto dalla città di Udine come il manutentore ufficiale degli orologi pubblici dopo aver costruito nel 1550 il grande orologio in piazza S. Giovanni (oggi piazza della Libertà) assieme al fratello Jacopo. In seguito a questa prestigiosa commissione, Pellegrino si trasferì a Udine ed entrò in contatto con la Compagnia degli strumentisti. Cresciuto in questo ambiente il figlio Alessandro imparò il mestiere del padre e l’arte della musica.

Nel 1573 entrò quindi ufficialmente nella Compagnia cittadina dei musici e l’anno successivo subentrò al padre, in seguito alla sua morte, quale manutentore degli orologi della città. Da quel momento in poi Alessandro di Aurava mutò il suo nome in “Alessandro degli orologi” e successivamente in Alessandro Orologio. Alessandro teneva concerti a Udine nelle cerimonie pubbliche fino alla grande occasione che gli fu offerta nel 1580, di vivere e operare alla corte di Rodolfo d’Asburgo a Praga. Da quell’anno in poi il musicista di Aurava girò e conobbe per cinquant’anni numerose corti europee fino alla sua morte avvenuta nel 1633. Il 25 aprile 2004, in seguito al rifacimento del sagrato e su approvazione di un’assemblea popolare, l’amministrazione comunale di San Giorgio della Richinvelda intitolò a suo nome la piazza di Aurava antistante la chiesa parrocchiale di S. Lorenzo Martire.


Adornata con un bell’ulivo, accanto alla piazza e alla parrocchiale è stato sistemato un parcheggio per i veicoli, sul quale lato vi è l’abitazione del signor Mario Ciriani, originale artista locale che ha realizzato gli splendidi mosaici che si possono ammirare sulle pareti della casa di via XX Settembre n. 13.

“Aurava ai suoi caduti”: il Monumento ai caduti di tutte le guerre
Proseguendo sulla via XX Settembre, arteria principale e centro vitale quotidiano del paese, incontriamo l’aula dedicata al Monumento ai caduti di tutte le guerre. Un ingresso ad arco con la scritta “Aurava ai suoi caduti”. In origine era una chiesetta dedicata a San Marco, dal 1973 è diventata una cappella contenente la lapide con i nomi dei caduti di tutte le guerre. Il loculo si trova nel muro di una vecchia villa seicentesca: Villa (o Casa) Adelardis.

I caduti nella “Grande Guerra” così chiamata la Prima guerra mondiale 1915-18 furono undici. In ordine alfabetico: i fratelli Ettore e Giacomo Cancian (di Lorenzo Cancian e Luchini Maria), Lino Cancian, Giovanni Cominotto, Romano Marascutti, Luigi Polesello, Domenico Sartor, Giovanni Sbrizzi, Angelo Venier, Giacomo Volpatti, Valentino Volpatti. Giovanni Bertin fu un caduto civile. Egli si trovava in Austria-Ungheria per lavoro, avendo anche contratto matrimonio con una donna morava. Giovanni, quale immigrato italiano, fu internato a Raschala bei Oberhollabrun a nord di Vienna, nel Lagerspital per internati civili. Giovanni Bertin ivi morì il 21 agosto 1917 lasciando la moglie e due figli. Una comunicazione ci informa che l’operaio italiano lasciò “risparmi per 131 corone ed una cassa con indumenti ed oggetti di lavoro”.
I caduti nella Seconda guerra mondiale 1940-45 furono undici. In ordine alfabetico: Mario Giovanni Ciriani, Antonio Cominotto, Gabriele Lenarduzzi, Mario Marascutti, Angelo Mason, Luigi Moretti, Carlo Tramontin, Angelo Volpatti, Dante Volpatti, Leonardo Volpatti, Sante Volpatti. Leonardo Volpatti morì in seguito all’affondamento del “Galilea” il 28/03/1942 mentre Mario Marascutti, che fu anch’esso naufrago del piroscafo, sopravvissuto all’affondamento fu inviato in Russia e disperso in combattimento il 19/01/1943. I tre civili anziani Antonio Cominotto, Luigi Moretti e Angelo Volpatti morirono per cause accidentali dovute ad uno scontro tra partigiani e soldati tedeschi avvenuto ad Aurava il 1° maggio ’45.
Villa Adelardis
La casa gentilizia risale alla prima metà del Seicento, costruita da un nobile tale Francesco Adelardis o Alardis di Spilimbergo che vi dimorò a partire dal 1635. L’edificio è attualmente di proprietà privata e lo si può notare sul fronte strada ai numeri civici n. 18-20-22 di via XX Settembre. In un documento risalente al 1806, di epoca napoleonica quindi, si nota, da una piantina topografica, che questo edificio era originariamente composto a “U” con un ampio cortile centrale e con una serie di case adiacenti la strada. Villa Adelardis è composta da due piani con il sottotetto con loculi con le finestrelle a forma ovale. Il portone di ingresso è affiancato da un lungo colonnato a cinque archi delimitanti la facciata rivolta a sud. In fondo al portico si nota un affresco della Madonna col Bambino e i Santi Antonio, Pietro e Francesco databile al 1691.

La mano pittorica è di una certa resa e qualità che la diversifica dagli altri affreschi murali del paese ma il suo autore è ancora a noi ignoto. Nel 1850 la famiglia Adelardis si trasferì a Udine e la loro villa, nei decenni successivi fu suddivisa in due parti. La parte di edificio al civico n. 18 è stata acquistata dagli abitanti di Aurava negli anni venti del Novecento. Al piano terra stabilirono la Latteria Sociale che durò fino al 1994 mentre al piano superiore fu sistemata un’aula scolastica che fu utilizzata fino al 1958. Nel 1973, la chiesetta di San Marco, come detto poc’anzi fu trasformata nel Monumento ai caduti.
Il Mulino di Aurava

Proseguendo sulla via XX Settembre e svoltando sulla curva a sinistra verso il fiume Tagliamento entriamo in via del Popolo, altra arteria importante di Aurava che collega il centro urbano con il Tagliamento, con la strada che a sud porta a S. Martino – via Saletto Mazzurin, con i campi coltivabili, con l’azienda agro-zoo-turistica la Locanda degli animali che vedremo dopo e con quell’edifico abbandonato che parecchi decenni fa costituiva una risorsa alimentare preziosa per la popolazione: il Molino.

Superata la curva di via del Popolo, all’altezza di una traversa sulla destra che ci conduce nei campi – via Viotta – volgiamo lo sguardo a sinistra e notiamo una casa quasi diroccata con tre locali, con un piccolo giardino davanti e un campo coltivato sul retro. Esso era il Mulino di Aurava, la cui esistenza è attestata da un documento della Curia del 1615 nel quale è indicato il proprietario tale conte Pompeo Ricchieri (Prospero), sorge sulla Roggia di Lestans detta anche Roggia dei mulini, sulla sponda destra del Cosa, ossia dalla medesima di quello di Pozzo. Sappiamo che l’edificio esisteva almeno sin dal 1592 ed era condotto da un certo Zuan molinaro di Aurava. Il conte Ricchieri aveva dato in affitto il mulino a Giacomo Filippato e ai suoi fratelli. Su questo molino gravava un contratto a favore del Pio Istituto Elemosiniero di S. Nicolò della Richinvelda. Nel 1635, anno dell’insediamento di Francesco Adelardis ad Aurava, l’edificio fu affittato a quest’ultimo. A fine Settecento divenne proprietà della famiglia Volpatti per passare poi, nel 1875, a Gabriele Luigi Pecile. Nel 1890, fu il Pecile ad installarvi una trebbiatrice fissa per il grano. Nel 1909 fu installata una turbina e nel 1920 un generatore elettrico. Il mulino cessò la sua attività nel 1950.

La Locanda degli animali
Abbandoniamo per ora il mulino e proseguiamo per via del Popolo per circa settecento metri. Orientandoci, lasciamo a destra la laterale via Braida e sempre sullo stesso lato, più avanti, la traversa via Saletto Mazzurin che ci porta nel paese di San Martino. Poco oltre, imbocchiamo una stradina alla nostra sinistra e continuiamo per circa duecento metri in mezzo al verde. Incontriamo uno stabile basso, tipico delle strutture agrituristiche con accanto un parco giochi e annesso ad essi un recinto con degli animali.

L’edificio ospita la Locanda degli animali, azienda di proprietà di Loredano Macasso. Essa è una fattoria e parco per l’allevamento di animali di vari tipo, dagli animali da cortile alle razze esotiche. L’attività zoo-turistica prese forma nel 2001 con il nome di “Parrots House” per l’allevamento dei pappagalli e la loro riproduzione. Nel 2013, l’attività si estende anche alla ristorazione a conduzione famigliare. La Locanda si è ingrandita fino a comprendere oltre due ettari di terreno e ad allevare altre razze e specie di animali oltre ai volatili pappagalli come cavalli, asini, mufloni, capre esotiche, gru, nandù, pavoni, fagiani, cigni ma anche pesci e rettili. È stato allestito anche un parco giochi per i bambini e un laghetto per la pesca sportiva.
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Il viaggio prosegue visitando il paese di Cosa, posto sulla destra della Casarsa-Spilimbergo.