Il comune e il territorio di San Giorgio della Richinvelda

San Giorgio della Richinvelda è un comune italiano della Provincia di Pordenone e della regione Friuli-Venezia Giulia. Il territorio si estende nella media pianura friulana della Destra Tagliamento a sessanta chilometri dall’Adriatico e a venti chilometri dalla pedemontana.
Il suo perimetro è disegnato dal fiume Tagliamento a est e dal Meduna a ovest, dal torrente Cosa a nord mentre a sud confina con Castions di Zoppola in prossimità dello svincolo della SR177 Cimpello-Sequals.
Il comune, alla data del 30 aprile 2022, conta 4.750 abitanti ed è composto da sette frazioni. Il capoluogo è San Giorgio e poi vi sono, in ordine alfabetico: Aurava, Cosa, Domanins, Pozzo, Provesano, Rauscedo.
Il suo patrono è San Giorgio e si festeggia il 23 aprile. La parlata in uso nei paesi della Richinvelda è il friulano occidentale comune, varietà del dialetto concordiese variante, a sua volta, della lingua friulana.
Il Comune ospita uno dei luoghi sacri più importanti del Friuli, “la Richinvelda” dove appunto fu assassinato l’allora patriarca Bertrando di Aquileia. Lungo la strada provinciale che da Spilimbergo conduce a Zoppola, tra i paesi di San Giorgio della Richinvelda e Rauscedo, sorge infatti la chiesetta di San Nicolò dove il 6 giugno 1350 spirò il patriarca d’Aquileia Bertrando.
Per tale motivo San Giorgio della Richinvelda è gemellato con Montcuq, comune francese del dipartimento del Lot in Occitania. Montcuq diede infatti i natali all’abate Bertrand de Saint-Geniès. Il futuro Patriarca del Friuli nacque nella cittadina francese nel 1260.
Il territorio della Richinvelda è così denominato per la presenza della vasta area prativa nella sua parte centrale e occidentale ed è situato lungo la strada provinciale che da Spilimbergo conduce a Zoppola.
Il Comune è rinomato quale terra de “Le Radici del vino” per la coltura intensiva della vite e del vino.

I primi insediamenti nella zona e nelle terre attigue si ebbero a partire dall’età del bronzo (1.500 a.C.). La storia delle genti del luogo ripercorre la storia dell’antica Roma e il periodo delle invasioni barbariche fino all’arrivo dei Franchi, i quali sottomisero il territorio ricomprendendo le terre e i villaggi sotto l’autorità del Sacro Romano Impero.
Il territorio di San Giorgio della Richinvelda godeva di una certa importanza nella tarda antichità romana come è stato dimostrato dal ritrovamento di una necropoli risalente al IV secolo d.C. nelle campagne di Arzene e molto vicino alla frazione Domanins.
La parte sud dell’abitato era attraversata dalla Strada Romana Postumia, importante via di comunicazione di sovrani e ufficiali militari. Fra questi papa Pio VI nel 1782 e l’imperatore Napoleone Bonaparte nel 1797.
Nell’Alto Medio Evo, da Aquileia e da Concordia, in questa regione si propagò la religione cristiana sostituendo credenze e culti pagani.
Risale all’anno Mille l’antichissima pieve di San Giorgio denominata Pieve di Cosa o San Giorgio di Cosa dal nome dell’omonimo villaggio dove pare avesse sede il potere temporale dell’intera comunità (“plebis Sancti Georgii que dicitur plebs de Cosa”). Le prime notizie su di essa le rinveniamo da una bolla papale del 985 di Giovanni XV e da una bolla dell’imperatore Ottone III del 996 con la quale il sovrano donava la pieve al Vescovo di Concordia Bennone. E’ certo che la matrice della parrocchiale fu eretta nel IX secolo ma secondo diversi studiosi le sue origini risalgono addirittura al V o VI secolo.
Dal 1077 il territorio divenne parte del Patriarcato di Aquileia, dal punto di vista civile, e dalla Diocesi di Concordia da quello spirituale. La pieve di San Giorgio contava quindici parrocchie appartenute all’antica pieve e riconosciute dal Vescovo Gerardo (1177).
Sin dal XIII secolo la giurisdizione era esercitata dai signori di Spilimbergo che detenevano la potestà civile e criminale. Inoltre, avevano qui i loro possedimenti anche il monastero di St. Paul in Lavanthal e i signori di Porcia.
Nel 1420, la Patria del Friuli passò sotto la giurisdizione della Repubblica di Venezia. I conti di Spilimbergo mantennero i propri privilegi e i possedimenti aderendo ai patti di dedizione o di fedeltà con il governo della Serenissima.

Per tre secoli San Giorgio e i paesi vicini avevano conosciuto un lungo periodo di pace e di tranquillità sociale nonostante la condizione poverissima della popolazione che sopravviveva solo grazie ai raccolti piuttosto magri delle campagne o della pastorizia praticata nei greti sassosi del Meduna o del Tagliamento.
L’unico evento tragico che sconquassò la vita delle genti del luogo fu la cruenta incursione dei Turchi del 1478.
Il 16 marzo 1797, in tutto il territorio della pieve e negli altri paesi vicini al Tagliamento, le truppe francesi di Napoleone si scontrarono contro l’esercito dell’arciduca d’Austria Carlo d’Asburgo. Il 17 ottobre 1797, Napoleone, uscito vittorioso dalla battaglia, cedette all’Austria quei territori che prima appartennero alla Repubblica di Venezia. I privilegi feudali degli Spilimbergo scomparirono e, nel 1806, l’imperatore francese, divenuto re d’Italia, instaurò il regime dei comuni e San Giorgio divenne Comune.
Nel 1818, con il ritorno della dominazione austriaca, fu confermata l’istituzione comunale, furono altresì introdotte le province.
Nel 1867, dopo l’annessione del Friuli al Regno d’Italia, il comune di San Giorgio assunse la denominazione “San Giorgio della Richinvelda” che sostituiva i precedenti “San Giorgio al Tagliamento” di origine napoleonica, “San Giorgio sopra Valvasone” e “San Giorgio sotto Spilimbergo”.
Nei decenni di fine secolo, le attività economiche, ancora difficili e critiche, si svilupparono in iniziative sperimentali e cooperative. Furono in molti fra uomini, donne e famiglie nell’Ottocento a scegliere la strada dell’emigrazione: Austria, Ungheria, Romania e, nei decenni successivi, l’America del nord e del sud, altri paesi europei e la lontanissima Australia furono le mete agognate della quasi totalità delle famiglie del paese.
Durante il periodo 1915-18 molti giovani partirono per il fronte di guerra. Nel 1917, dopo la rotta di Caporetto, il paese fu devastato dalla occupazione delle truppe austro-tedesche che sottomisero la popolazione con saccheggi, devastazioni e violenze di ogni tipo. E fu proprio nel primo dopoguerra che iniziò la grande emigrazione verso i paesi d’oltreoceano.
Nel secondo conflitto mondiale (1940-45) i soldati di Domanins conobbero gli eventi tragici della guerra sul fronte greco-albanese, nella ritirata in Russia e durante l’occupazione tedesca dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943. La popolazione sperimentò anche il dramma della deportazione. Nel secondo dopoguerra, dopo i disastri provocati dal conflitto, le condizioni economiche peggiorarono sensibilmente. La maggior parte delle famiglie del paese scelse in modo sempre più massiccio la strada dell’emigrazione e molte di loro lo fecero in via definitiva. I paesi interessati furono: Inghilterra, Francia, Germania, Belgio, Olanda, Svizzera, Stati Uniti d’America, Canada, Venezuela, Argentina, Guatemala.
